Doveva chiamarsi Master Tom. In realtà poi fu ribattezzato Felix e divenne il gatto più celebre del mondo. Felix the Cat è il primo vero divo dei cartoni animati. Pat Sullivan lo aveva ideato nel 1917 (facendolo esordire in uno short intitolato Felix the Cat), solleticato dalla notevole fortuna che stavano ottenendo in quel tempo alcuni personaggi del cartoon e anche dalla insistente richiesta che l’industria del cinema rivolgeva ai disegnatori perché dessero vita a nuovi characters cui affidare l’intrattenimento del cosiddetto “complemento di programma”. Sullivan, scelse Il nero felino, tra i molti comprimari che aveva riunito nelle sue strisce di pellicola e lo rifinì quel tanto che era necessario per dargli una personalità riconoscibile. Questo gatto surreale, furbo e ingegnoso, conobbe un successo quasi immediato in tutto il mondo, raggiungendo negli anni ‘20 del secolo scorso una fama pari a quella del grande Charlot. Nel 1923 il King Features Syndicate contattò Sullivan, proponendogli di adattare le avventure di Felix per i quotidiani e così Otto Messmer (1892-1983), un animatore che lavorava nel suo studio e che aveva dato un contributo determinante al successo del personaggio (tanto che molti critici lo ritengono il vero creatore del popolarissimo gatto), incominciò ad occuparsene, anche se tutto il materiale era firmato da Sullivan. Felix approdò nel mondo dei fumetti il 1° agosto del 1923 sulle pagine del giornale inglese The Daily Sketch. La pubblicazione statunitense iniziò invece il 19 agosto 1923 con la distribuzione, ovviamente, del King Features Syndicate. Dal 1943, le comic strips di Messmer furono pubblicate sulla testata Felix the Cat, edita prima dalla Dell Comics, poi dalla Toby Press e, infine, dalla Harvey Comics. Gatto Felix comparve nelle tavole disegnate da Otto Messmer fino al 1954. Sia nei cortometraggi a disegni animati che nei fumetti, Felix è un gatto dotato di una logica assurda e surreale che non ha molto in comune con quella umana, anche se certe volte sembra più uomo che gatto: come quando cammina preoccupato, con la testa infossata nelle spalle e le zampe anteriori dietro la schiena. Nelle sue storie diventa protagonista di vicende ambientate indifferentemente sulla Luna o nella vita di tutti i giorni. Si tratta di vicende, dai ritmi scatenati che stravolgono il reale, intrise di un particolarissimo humour grazie al quale un punto esclamativo può diventare una pagaia, un quarto di Luna una comodissima culla, il numero quattro una sedia, una bolla di sapone gelata un tranquillo igloo, due nuvole di polvere altrettante ruote di bicicletta, due punti interrogativi un paio di pattini e così via. Rispetto agli altri gatti del fumetto, il primo Felix manteneva pienamente fede alle caratteristiche della propria specie, rimanendo sostanzialmente un felino, anche se la intelligenza, personalità e sensibilità sconfinavano spesso nell’umano. Tuttavia, il bello di questo personaggio, al di là degli aspetti onirici e surrealisti delle sue storie, è il trapasso continuo dall’atteggiamento umano a quello animale. Ai suoi inizi, Felix. infatti, non ha mani, ma zampe che alla bisogna possono diventare tali e servire ad appendersi. Allo stesso modo se deve correre, non si fa scrupolo di mettersi a quattro zampe e filare via come una lepre e quando un oggetto lo incuriosisce, il suo atteggiamento circospetto è quello tipico di un felino. Per converso, se è assorto nei suoi pensieri passeggia come un uomo con le braccia dietro la schiena e se deve salire le scale utilizza le due gambe. Il successo cosmico di Felix durò fino alla fine degli anni Venti, prima di essere appannato dall’arrivo del cinema sonoro e di Topolino. Pat Sullivan si rifiutò di far parlare Felix e anzi per protesta bloccò la serie, ma nel 1933 annunciò di voler cominciare a produrre la serie cinematografica sonora. Purtroppo morì di lì a poco lasciando il progetto incompiuto. Felix, però, si ripropose alla grande alla fine degli anni Cinquanta, quando Joe Oriolo, che lavorava come assistente di Messmer, ricevette l’incarico di dare un nuovo assetto al personaggio. Joe decise di produrre piccoli episodi filmati, della durata di cinque minuti, per la televisione. Alla fine vennero realizzati qualcosa come 264 cortometraggi per la Trans Lux TV che andarono in onda, con enorme successo, per vent’anni di seguito e furono comprati dalle televisioni di tutto il mondo decretando definitivamente la nuova affermazione su scala planetaria del “gatto”. La serie TV diede nuova vita al personaggio, ma nello stesso tempo lo banalizzò parecchio, riducendolo a una “macchietta” per bambini. La sua ambivalenza uomo\felino scomparve con il restyling di Joe Oriolo, che ne fece un “umano” surreale, con l’inseparabile borsa magica capace di risolvere ogni situazione. Suoi nemici ricorrenti erano Il Professore (ennesimo scienziato pazzo di una lunga serie) e suo nipote Poindexter, occhialuto e dal quoziente d’intelligenza altissimo. Entrambi cercavano di catturare Felix per usarlo nei propri esperimenti in una formula che, a gioco lungo, divenne piuttosto ripetitiva. Un capitolo a parte va riservato alla storia italiana del personaggio. In Italia Felix the Cat venne pubblicato dal Corriere dei Piccoli, con il nome di Mio Mao, tra il 1926 e il 1940. Nel dopoguerra fu ripreso da Giovedì negli anni 1945-1946. Tuttavia il vero successo sarebbe arrivato in virtù di una profonda revisione diretta alla sua modernizzazione e a un abbassamento dell’età di fruizione, ideata dell’editore Renato Bianconi. L’autorizzazione statunitense, espressa anche per Braccio di ferro consentì un’ampia produzione italiana di largo successo, che venne esportata in altri Paesi. Tra gli autori all’opera su quel progetto meritano almeno un cenno Alberico Motta (che curò le sceneggiatura) e Sandro Dossi (che si occupò della parte grafica. Successivamente l’immagine del gatto Felix venne curata dal figlio di Joe Oriolo, Don, che, alla metà degli anni Ottanta, produsse il film Felix the Cat, the Movie, distribuito da Buena Vista nel settore cinematografico e da Disney Channel in quello televisivo. Sull’onda del successo ottenuto, a parte la vendita di oggetti con l’immagine del celebre gatto va registrata la nascita di Baby Felix, personaggio che cercò di sfruttare la moda delle versioni infantili dei grandi eroi dei cartoons. Certo, la popolarità del gatto nero non è più quella dei tempi d’oro ma le tracce che ha lasciato devono essere ancora notevoli se un artista come Todd McFarlane pensò di inserire Felix nello sfondo delle tavole del suo Uomo Ragno. In fondo è vero, i grandi eroi non vanno mai in pensione, al massimo si concedono qualche anno sabatico.
Pietro Zerella
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